mercoledì 31 ottobre 2007

Innamorata di Luis Bunuel.




Tratto dal romanzo La donna e il burattino (1898) di Pierre Louys, già filmato 4 volte (1920 e 1935 a Hollywood, 1929 e 1959 in Francia) e sceneggiato con Jean-Paul Carrière, è la storia di un ricco borghese che giuoca inutilmente tutte le carte del privilegio nella partita con una donna che continua a negargli l'unica cosa per la quale egli spasima.

E l'ultima trappola del grande vecchio di Calanda (1900-83) con un personaggio femminile solo, ma con 2 attrici che si alternano senza una logica evidente.

Di un romanzo ammuffito Bunuel e Carrière hanno fatto una lettura ironicamente critica, ribaltandolo (per la 1a volta il vero protagonista è il "burattino") e mandando in briciole tutto quel che contiene di melodramma, metafisica passionale, esotismo di paccottiglia. Sebbene fondato sulla virtù della trasparenza da leggere al 1 grado può apparire enigmatico perché seminato di trabocchetti, false piste, scherzi, inganni che offrono pane per i denti dello spettatore con la smania dell'interpretazione.

Si provi a leggerlo in chiave psicoanalitica, come un sogno, e diventa una fonte zampillante di sorprese, simboli, trasgressioni, significati. A prescindere, come direbbe Totò, questo film sul desiderio (le sue perversioni, le sue frustrazioni) rimane un'opera divertente, libera, felice.

Bunuel inganna, e soprattutto non giustifica, non chiarisce; “l’oscuro oggetto del desiderio” diventa cosi per lo spettatore il raggiungimento della “veritas” o di un quid che ad essa si avvicini.

Allo stesso modo, per il personaggio interpretato da Rey, l’eventuale consumazione di un rapporto sessuale con la ragazza avrebbe un duplice valore: l’appagamento fisico da una parte (il desiderio materiale), la risposta agli interrogativi del cuore (il desiderio spirituale, la ricerca dell’affetto) dall’altra.

Il regista che per l’ultima volta, ci porta a fare un giro sul suo treno dei ricordi, dove i suoi passeggeri sono collegati l’uno con l’altro da sottili ragnatele di rimembranze e come davanti ad un focolare, del fardello della memoria ne emergerà solo la parte più “leggera”.

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