martedì 22 aprile 2008

Grazie.

Cosa c’è di strano se, per la prima volta, passo il tempo senza riuscire a giudicare e a capire? Passeggiare in un pomeriggio tiepido e piovigginoso, non so che dire, mi destabilizza il non sapere dove andare. Invece tu taci e maledettamente sai sempre il perché. Forse perché basta il silenzio. Resto inchiodata. I tuo silenzi mi danno quello che non ho mai ricevuto; dentro ci sto bene. Non mi chiedi e non mi dici, non fai il minimo sforzo per apparire migliore di come sei. Assorto in te, sembra che il mondo non t’interessi, continui a coltivare la mente imparando a dominare le emozioni. Eppure qualcosa dentro inveisce e ringhia e, quando parli, mi spiazzi, parole profonde come crateri.
A volte torni sulla terra, ma questo mondo non sembra il tuo, come quando al bar chiedi la cedrata e nessuno ce l’ha, manco ti capisce il cameriere vietnamita; come quando davanti alla vetrina di Fendi dici che è tutto orrendo o come quando imbastisci un discorso con un vecchietto, ridi per minuti, mi prendi in giro e mi fai l’occhiolino. Allora capisco che, su questo mondo, a volte scendi, a volte mi ascolti e spesso entri anche nel mio.

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